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Racconto di fine d'anno * Il dono del tempo*

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  Come ogni anno, il Vecchio custode del Tempo, si diresse, con la sua ormai fievole luce e il passo pesante e lento verso la Soglia di Cronos dove attese paziente e docile che s'aprisse e lasciasse entrare il Nuovo. Dalla Terra arrivano voci allegre e canti, celebravano quello che stava arrivando, ormai quasi nessuno salutava e onorava il lavoro del Vecchio. La Soglia di Cronos, quella magica notte riluceva, lo strano meccanismo che la rendeva non oltrepassabile durante tutto l'anno, proprio quella notte avrebbe raggiunto il punto d'apertura, il Vecchio sospirò posando a terra il pesante sacco che si trascinava dietro. Appena un anno prima, aveva oltrepassato quella Porta, leggero e giovane, pieno di speranza, e aveva goduto dell'accoglienza che gli uomini gli avevano riservato. Scoccò la mezzanotte, il meccanismo che sigillava la Soglia emise uno strano scricchiolio, il Vecchio raccolse il proprio sacco pieno di tutte le speranze non avverate, di sogni infranti, di la

Racconti d'inverno * Il vento e la luna*

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  La vecchia accarezzò la trama soffice della stoffa trapuntata di stelle dorate, parve ricordare qualcosa, qualcosa a cui non pensava da lungo tempo. Il blu profondo di quello che poteva essere un mantello regale, sembrava ancora più intenso spiccando sul bianco pallido e ossuto della mano. La vecchia chiuse gli occhi e iniziò a raccontare :- Un tempo, la luna, era disabitata. Non c'erano alberi, né fiori. Non c'erano laghi, neanche mari. Era una terra brulla e sassosa.. C'erano crateri, ma non c'erano uomini ad abitarla, né animali. Era bella e misteriosa, ma non c'erano colori, solo il riflesso della luce del sole le permetteva di brillare di notte. Non aveva nuvole, né atmosfera, non pioveva mai, dunque non c'erano arcobaleni. Un giorno però, il vento decise di cambiare direzione e vedere cosa c'era oltre la terra, non si era mai avventurato così lontano, ma spesso, soffiando nel cielo notturno, aveva osservato le stelle e quella rotonda luce che gli ess

Racconto di Samhain * Il Tempo delle Ossa e il cibo degli Spiriti *

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 Era il tempo dei melograni maturi, delle castagne sul fuoco, di Nonna Albero secca e spoglia come uno scheletro. Era il Tempo delle Ossa, così lo chiamavano gli anziani, che in quella notte si riunivano nel bosco per donare cibo agli spiriti. Papà Spettro e Mamma Spettro varcavano la Soglia dei Mondi e si nutrivano con il cibo dei viventi. Mangiavano e la loro carne tornava a rimpolpare le ossa antiche, mangiavano e le orbite vuote tornavano a splendere dello sguardo saggio di chi è sopravvissuto alla morte, mangiavano e tornavano per una notte a camminare fra i vivi.   Si svuotavano le zucche, ogni famiglia del villaggio svuotava la più bella e grande zucca del proprio orto. La polpa finiva nel pentolone, e con lei erbe e preoccupazioni. Era il membro più anziano della famiglia che mescolava il calderone, e parlava con la zuppa. Parlava è il termine esatto, nella zuppa si mescolavano paure e lutti, malattie e miserie, si lasciavano scorrere lacrime e dolori. Papà Spettro e Mamma Spet

Racconto d'equinozio : Il canto dell'Ape Regina

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  :- Siedi qui, al centro del tempo - disse la Vecchia - la ruota dell'anno deve riprendere a girare e tu conosci il segreto, tu sei la chiave! All'inizio dei tempi, quando la terra era solo una roccia senza vita che fluttuava nell'universo, non esistevano Madri, la vita ebbe inizio con l'arrivo delle Madri. Chiusi gli occhi, mentre le sue dita ossute disegnavano sulla polverosa terra cerchi concentrici sempre più piccoli - Io Sono l'Anziana, Guardiana della Soglia, la Levatrice che apre la porta alla Vita, che indica la Via- soffiò un alito gelido sul mio volto, ogni ricordo della vita appena vissuta parve dissolversi nella mia mente, ero vuota, mentre i cerchi da lei disegnati mi inghiottivano dentro la terra, profondamente, sempre più profondamente. Il primo ricordo che ho, è il suono. Un ronzio che riempiva la testa, non c'era spazio per nessun pensiero. Un fiume di miele bagnava i miei piedi, la luce ambrata che filtrava dalle piccole aperture esagonali dis

La figlia del pescatore di perle

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  Yakamoz, aspettava il vecchio padre sul ponte che divideva in due la città, le abitazioni più vicine alla cattedrale di Santa Sofia erano abitate da cristiani, le abitazioni oltre il ponte di Galata erano del popolo mussulmano. Il Sultano aveva fatto legare le campane della cattedrale, era la voce del Muezzin a riempire l'aria della città al tramonto e all'alba. Quel giorno Yakamoz ascoltò per la prima volta nella sua vita il suono delle campane che proveniva dalla grande Chiesa, rabbrividì, più volte le avevano raccontato le sventure che in passato quel suono aveva portato alla città e ai suoi abitanti. Mustafa, il mercante, si avvicinò alla ragazza, spingendola lontano dal ponte e raccomandandole di chiudersi in casa, qualcosa in città era cambiato. Yakamoz, che amava suo padre con tutto il suo cuore non riuscì a tornare a casa senza prima trovare l'anziano genitore. Percorse le vie del quartiere vecchio, fino al palazzo del Sultano.  Murat, il pescatore di perle, ogni

* Racconto di Luna Nuova * il tempo della Lepre e il risveglio dei regni

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Era il tempo della lepre, quando la Madre di tutte le cose, soffiava il suo alito tiepido per sciogliere i ghiacci invernali e permettere ai teneri germogli di venire al mondo. La prima Luna Nuova dell'anno la Madre cantava nelle lunghe orecchie delle lepri addormentate per risvegliarle dal letargo invernale. Era il primo animale ad ascoltare il canto della primavera, le lepri erano così divenute il simbolo dell'arrivo della nuova stagione. Così accadeva da millenni, così accadde quell'anno. Le lepri si svegliarono e uscirono dai loro caldi rifugi, avevano il compito di svegliare tutti gli altri animali, ma quell'anno si accorsero subito che il mondo era diverso, qualcosa era accaduto durante il loro sonno. La lepre che viveva nel bosco che confinava con la grande città, sussurrò alle altre che ogni strada, ogni vicolo, ogni piazza era deserta. La città sembrava abbandonata. Così, piano piano quella voce raggiunse anche le lepri delle montagne, ch

* Cronache della fine di un mondo* 12 Marzo 2020

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Immagine di Franco Rivolli pubblicata dall'Associazione Nazionale Carabinieri 12 Marzo 2020, Roma Il cielo in questi giorni sembra più bello del solito, anche gli alberi che fanno da sfondo alla finestra della mia cucina sembrano più vivi, i colori più intensi, forse la natura sta meglio senza di noi. Ieri sera Oms ha dichiarato lo stato di Pandemia, ho avuto difficoltà ad addormentarmi, pensavo a quanto tutto questo sembri irreale, pensavo a quanti eroi mascherati da uomini comuni conosco. Eppure in mezzo alla paura, allo sconcerto, al senso di impotenza, mi sembra di avvertire una nuova energia. Siamo chiusi in casa, ormai i lavori per i quali è consentito uscire sono pochissimi, eppure sui balconi, dalle finestre, sui social, spuntano arcobaleni colorati e parole di fiducia. Andrà tutto bene, è il  leitmotiv di questi giorni. Non posso fingere che indossare la mascherina ed i guanti non mi sembri assurdo, mi manca ridere e parlare vicino ad un'altra persona, non